Il Duce, Benito Mussolini
La storia d’Italia passa necessariamente per la figura di Benito Mussolini, fondatore del fascismo e presidente del Consiglio del Regno d’Italia dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. La sua ascesa al potere è un’acquisizione di forza sul campo, che avviene giorno dopo giorno, fino a maturare poteri dittatoriali e appellativi che lo incoronano – dopo la guerra d’Etiopia – come “Fondatore dell’Impero”. Benito Mussolini è anche giornalista, oltre che politico e sa come veicolare il suo messaggio attraverso il quotidiano di partito Avanti! In quella Italia del 1912 la guerra non è così lontana e pur cambiando idea dividendosi tra interventisti e contrari al conflitto, gli italiani furono affascinati da questo esponente del partito socialista che fondò “Il Popolo d’Italia” per manifestare sempre più l’idea di combattere. Nel dopoguerra, l’azione divenne ideologia e la “vittoria mutilata” portò alla fondazione dei Fasci italiani di combattimento, preludio del Partito Nazionale Fascista che avverrà tre anni dopo nel 1921.
Lo squadrismo ben architettato nel contesto dell’instabilità politica fu il trampolino di lancio per la conquista di Roma. Dalla marcia, Benito Mussolini ottenne l’incarico di costituire il Governo. Una escalation difficile da fermare, come una motrice di un treno lanciato a velocità, qualche anno dopo nel 1925 l’Italia si ritrovò la dittatura. Il passo successivo fu la collaborazione con gli altri dittatori nel mondo, come Franco in Spagna e Adolf Hitler in Germania: il Patto d’Acciaio nel 1939 sancì uno stretto legame con i tedeschi nazionalsocialisti che portarono le leggi razziali in Italia. L’ingresso nella Seconda Guerra Mondiale al fianco della Germania fu decisivo per la sua disfatta. Il resto è cronaca: l’arresto per ordine del Re, portato all’Aquila a Campo Imperatore. Liberato dai tedeschi fondò la Repubblica Sociale Italiana di Salò, prima della fuga, la resa, la cattura dei partigiani a Dongo, sul lago di Como, la fucilazione. La sua morte avviene insieme all’amante Claretta Petacci.
Violet Gibson
Benito Mussolini, a un certo punto della propaganda fascista, ha un incontro violento con una donna irlandese. Violet Gibson Albina (Dublino, 1876 – Northampton, 2 maggio 1956) cerca di attentare alla vita del Duce. È il 1926 quando Gibson spara un colpo di pistola. Mussolini, appena uscito dal palazzo del Campidoglio a Roma, dove aveva inaugurato un congresso di chirurgia, in quell’esatto momento mentre avanzava il proiettile fece un saluto romano: tirando indietro il capo si irrigidì, come era sua abitudine, portando inconsapevolmente la testa fuori traiettoria. L’irlandese Violet Gibson, dunque, non riuscì a ucciderlo, ma soltanto a ferirlo di striscio al naso.
Figlia di Edward, primo Barone di Ashbourne e Cancelliere d’Irlanda, Violet Gibson non chiarì il motivo del gesto. Scampata al linciaggio della folla, la cinquantenne fu portata in questura, dove non seppe rispondere alle domande. All’epoca dei fatti, Gibson fu considerata mentalmente squilibrata. Si suppose, però, che qualche istigatore sconosciuto l’avesse indotta a commettere il gesto. Per questo, il giovane funzionario di polizia Guido Leto fu inviato a Dublino per raccogliere informazioni su di lei.
Nel frattempo, il giorno dopo l’attentato, Benito Mussolini andò in Libia e si mostrò a Tripoli con un vistoso cerotto sul naso. Leto, invece, raggiunse l’Inghilterra dove entrò in contatto con la governante della donna. Fu proprio la signorina Mc Grath a rivelare come, anche in passato, l’irlandese Violet Gibson fosse soggetta a improvvise crisi nervose. Nei suoi trascorsi emerse anche qualche aggressione. Chiamata a testimoniare sullo stato di salute dell’attentatrice, Mc Grath fece tappa a Roma. La sua parola permise alla donna di non essere incriminata. L’irlandese se la cavò con una espulsione dall’Italia, così come chiese Benito Mussolini. Successivamente, la donna venne ricoverata in una clinica psichiatrica, il St. Andrew’s Hospital a Northampton, in Inghilterra. Ci rimase trent’anni, fino alla morte.
La targa in suo onore a Dublino
95 anni dopo il 7 aprile del 1926, giorno dell’incontro tra Benito Mussolini e Violet Gibson, il Consiglio di Dublino ha voluto riconoscere un omaggio a questa donna irlandese. Una targa in suo onore, per il suo impegno politico “antifascista”. Recita la motivazione: “Il posto che le spetta nella storia delle donne d’Irlanda e nella ricca Storia della nazione e del suo popolo”. Secondi alcuni membri del Consiglio che hanno valutato positivamente l’operato di Gibson, questa donna sarebbe stata a lungo ignorata sia dagli irlandesi sia dagli inglesi. Il suo gesto ha rappresentato “imbarazzo”, tanto da identificarla come “una pazza”. In realtà Violet Gibson ha creduto in ciò che ha fatto, lottando contro Benito Mussolini, facendosi largo tra la folla a Roma per raggiungere il bersaglio e sparare diversi colpi di pistola. In tutto tre, mentre la piazza gremita ascoltava il discorso del Duce. Non poté sparare più colpi, poiché la pistola si inceppò.