George Best


La vita sempre al massimo e la morte prematura, George Best è un misto di talento e istinti primordiali: le frasi del campione di Belfast, tra i migliori calciatori al mondo, resteranno uniche come i suoi gol. Perché Maradona è bravo, Pelè è meglio, ma George Best è il migliore!, amava ripetere il fuoriclasse dalla maglia numero 7.

George Best è stato il bene e il male, campione in campo ed eccessivo nella quotidianità: il suo talento l’ha portato a diventare il numero uno del calcio mondiale. Una vita da film, anche fortunata, dalla ribalta sportiva a incontri con celebrità: da Miss Mondo a fidanzate e modelle più o meno pubbliche, alcune mogli. Le frasi celebri di George Best, però, lo incoronano re incontrastato della dialettica sarcastica, mentre i suoi piedi, tirava con entrambi, lo rendono tra i calciatori più forti di tutti i tempi. Dunque quell’aforisma che ripeteva in fondo era così vero: Perché Maradona è bravo, Pelé è meglio, ma George è il migliore.

George Best era un fenomeno: attaccante dotato di potenza, velocità, stacco di testa e grande abilità tecnica nei contrasti. Il suo stile è imparagonabile e raro negli altri giocatori che in quegli anni lo sfideranno. Eccentrico e dedito a frequentare belle donne, avvezzo all’alcool George Best conduce una vita sregolata, sempre sopra le righe, accompagnata dai suoi lunghi capelli al vento e le folte basette, a mo’ di moda anni Sessanta, viziata da fama, ricchezza e lusso. L’alcool, le tante fidanzate, i numerosi riconoscimenti sono stati un mix perfetto per sbagliare. Alla sua ascesa sociale e sportiva, a soli 22 anni ha ricevuto il Pallone d’Oro, seguirà una inesorabile calata segnata da alcolismo, con danni irreparabili, e un arresto per guida in stato di ebrezza. Malato, nonostante il trapianto di fegato, la vita dissoluta lo consegna a morte prematura in ospedale a soli 56 anni.


La biografia: vita, morte e curiosità sul calciatore ribelle

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George Best è nato a Belfast il 22 maggio 1946, di estrazione popolare e figlio di una numerosa famiglia protestante. Suo padre era un tornitore impiegato presso i cantieri navali cittadini mentre sua madre era impiegata come operaia in una fabbrica di sigarette. La sua carriera calcistica inizia dopo quella scolastica. E nonostante l’ammissione a 11 anni presso la prestigiosa Grosvenor High School, il giovane scelse il ritorno alla Lisnasharragh Secondary School per dedicarsi al calcio.

La scelta non fu affatto sbagliata e la svolta avvenne all’età di 15 anni, quando il talento di George Best fu notato dall’osservatore del Manchester United Bob Bishop. Il giovane era arruolato con il Cregagh Boys Club presso la Lisnasharragh Intermediate School quando, durante un allenamento, Bishop domandò chi fosse. “Ho trovato un genio”, disse ai dirigenti dei Red Devils. Il passo di George Best all’Old Trafford fu davvero breve.


La carriera calcistica e il debutto con il Manchester

Maglia numero 7, morte e carriera al Manchester United

Nell’agosto del 1961, a soli 15 anni, George Best debutta con la maglia del Manchester. Il suo atteggiamento strafottente nei confronti di compagni e avversari ne esalta da subito il carattere indomabile di un campione che sa come pareggiare i conti nella realtà con le sue prodezze. George Best incanta e riesce dove gli altri non ci riescono. La favola, però, dura soltanto due anni, prima che nostalgia lo riporti a Belfast dove debutterà in Premier League. Il richiamo del Manchester è forte e nel 1966, il giocatore è di nuovo tra gli undici uomini che firmano la mitica vittoria nei quarti di finale di Coppa Campioni contro il Benfica di Eusebio.

Il calendario segna 29 maggio 1968 quando allo stadio di Wembley si intesta due dei cinque gol del match. Gli omaggi lo portano sul grandino più alto del podio e la sua classe lo vede trionfare in campo e su tutti i magazine: la stampa lo definisce “il quinto Beatles“, perché oltre alle gambe c’è tanto fascino. I pantaloni a zampa di elefante, il capello lungo e il genio ribelle anticonformista accompagnano trionfi su trionfi. Con il Manchester United gonfia la rete 137 volte su 361 presenze, la vittoria nella Coppa dei Campioni e il Pallone d’Oro nel 1968, 2 campionati, una FA Cup, due Charity Shield e qualche titolo da capocannoniere.


L’anno magico, il Quinto Beatles

Il Quinto Beatles, abbey roads

Il 1968 è destinato a diventare l’anno magico di George Best, nonostante ci sia un altro pallone d’oro sulla sua strada. Mettere il campione di Belfast nell’ombra non è cosa facile e non ci riesce nemmeno Pelé. Sarà proprio il brasiliano a pronunciare queste parole: “George Best è il più grande giocatore al mondo”, frase che trasformarono l’uomo in mito. Un passaggio epocale per la vita del calciatore del Manchester.

Sulle prime pagine dei giornali, Best arrivò all’apice primeggiando sui titoli con le frasi a effetto che solo lui sapeva coniare così bene. Massime e frasi irrispettose e lapidarie. Così il campione specializzato in dribbling e tiri da cecchino, era ormai in grado di accentrare tutta l’attenzione su di sé: folle in delirio allo stadio e pagine di giornali pronti a documentare le tante malefatte nella vita privata, quando si toglieva la maglietta rossa numero 7 per dare spazio all’uomo e ai suoi istinti primordiali. Fiumi di articoli ripercorrono l’ascesa inarrestabile nell’olimpo del personaggio: “Il Quinto Beatles“.

L’identikit del fenomeno in campo:

  • Data di nascita: 22 maggio 1946
  • Luogo di nascita: Belfast
  • Nazionalità: Irlanda del Nord
  • Giorno della morte: 25 novembre 2005 (59 anni)
  • Debutto: 14 settembre 1963
  • Posizione: Attaccante, ala sinistra
  • Piede: entrambi
  • Altezza: 1,75 m
  • Nazionale, esordio: Irlanda del Nord – 5 aprile 1964
  • Presenze/reti con la nazionale: 38/9
  • Presenze/reti con il Manchester United: 470/179
  • Ultima presenza con il Manchester United: 2 gennaio 1974

Miss Mondo, donne ed eccessi

Le donne sono state il chiodo fisso di George Best, e come dargli torto considerando le bellezze – allora fidanzate – che gli ronzavano attorno in quegli anni. Il campione aveva un vero tarlo che gli trapanava la testa. Si circondava di fidanzate meravigliose, belle ragazze, alcune famose da essere Miss Mondo. “Che cosa ci posso fare se mi saltano addosso?”, è stata una delle frasi più pronunciate da George Best durante gli anni del successo. “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcool, sono stati i venti minuti peggiori della mia vita”, è un’altra delle tante frasi con le quali il calciatore giocava mostrando le sue debolezze. “Se mi avessero dato la possibilità di scegliere scendere in campo a dribblare quattro uomini segnando un gol da trenta metri contro il Liverpool oppure di andare a letto con Miss Universo sarebbe stata una scelta difficile. Fortunatamente, ho avuto entrambe le cose”. È questa la differenza che rese George Best un fenomeno mediatico oltre che talentuoso in campo.

Ciò che diceva George Best era vero, lo esprimeva con delle frasi davvero sprezzanti soprattutto nei confronti dei suoi avversari, ed è andata esattamente così. Ha avuto donne bellissime, Miss Mondo appunto e al contempo una carriera calcistica senza eguali. E poi sulle donne (Miss Mondo compresa) ha coniato frasi irripetibili del tipo: “Ho speso un sacco di soldi per alcol, donne e macchine veloci. Tutti gli altri li ho sperperati”. “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcool. Sono stati i 20 minuti peggiori della mia vita”. “Ho amato almeno 2000 donne senza doverle sedurre, mi bastava dire ‘Ciao, sono Best del Manchester United’”.


La vita sregolata

Gli episodi di sregolatezza di George Best si moltiplicarono sempre più, in casa con moglie e figli e in campo. Soldi e successo erano diventati una droga cui attingevano i vizi. Nonostante fosse il miglior giocatore sul rettangolo di gioco, il suo estro e i suoi goal geniali era sempre più appannati dal personaggio che prendeva forma fuori dal calcio. Così dopo 13 anni gli eccessi di George Best gravarono sul rigore sportivo. L’incostanza finì per trasformarsi in violenza e liti. Al pub faceva a botte con gente ubriaca come lui e in campo litigava con l’allenatore. Anche con i figli non deve essere stato un buon esempio in alcuni momenti. Pur infiammando gli animi di migliaia di tifosi, il giocatore dell’Irlanda del Nord George Best è invitato a lasciare il Manchester.

Un passaggio delicato della vita e carriera di George Best che come un vortice lo risucchia in un’odissea senza uscita. Il declino si affaccia a 28 anni ed è costretto a fare un giro in diverse squadre minori, a cominciare dallo Stockport, in Inghilterra, e successivamente al Cirk Celtics a Cork. L’inquietudine lo perseguita ed è costretto a muoversi ancora sostando perlopiù negli Stati Uniti dove, tra l’altro, cambia tre volte squadra. In questo frangente il suo estro in campo sembra oramai svanire mentre non trascura le sue passioni. Cambia donne, gioca d’azzardo e non si stanca mai di bere. L’alcool sembra essere un trofeo al pari delle 7 Miss Mondo che dichiara di aver avuto. Il suo essere icona e la sua popolarità gli consentono di monetizzare la sua immagine. Presta il volto in campagne pubblicitarie e anche per promuovere locali più modesti. George Best diventa un marchio di fabbrica, nonostante le sue contestabili azioni che lo portano a importanti esposizioni economiche e persino arresti.


Il declino, il fegato malato e la morte

Gli ultimi anni della sua carriera furono difficili e George Best era oramai dipendente dall’alcool. Quando decise di lasciare il mondo del calcio nel 1983, la sua vita continuò a sprofondare. L’arresto per guida in stato di ebbrezza e violenza lo portarono a essere rinchiuso nella prigione di Ford Open nel Sussex. L’incapacità di gestire il suo patrimonio lo portano a dover trovare soldi per vivere e pagarsi da bere. Il declino è oramai inevitabile quando il Pallone d’Oro finisce in vendita a 235 mila euro. La bancarotta segna il passo alla deriva e come un antipasto alla malattia e successiva morte in ospedale. Senza il calcio, senza i suoi tifosi, i giorni si accentuano e come un malato il problema resta disintossicarsi. Negli anni duemila sembra quasi riuscirci, quando come una fenice rinasce commentatore per un popolare canale sportivo inglese. Nel 2002, all’età di 56 anni, subisce un trapianto di fegato per via dell’alcool che oramai gli aveva ridotto le funzioni dell’organo malato al 20%. Il resto è cronaca e ogni anno cresce il suo affanno. Il 25 novembre 2005, dopo un mese di agonia, tenuto in vita dai respiratori artificiali, George Best si spegne al Cromwell Hospital di Londra per un’infezione epatica. A soli 59 anni, l’ex calciatore non riesce più a reagire.

La causa della morte è dovuta a un’infezione renale, conseguenze dell’alcolismo e nonostante il trapianto di fegato. Dieci anni dopo, un documentario critica questa tesi e svela che a uccidere George Best sia stata un’overdose di farmaci immunosoppressori. Poco prima di morire, ancora sicuro di poter fare qualcosa per gli altri e non più per sé, l’ex “dannato” calciatore oramai ricoverato in ospedale decide di farsi fotografare a testimonianza degli effetti devastanti dell’alcool. Quelle foto che lo ritraggono invecchiato con il volto scavato e ingiallito sono l’ultimo respiro prima di morire. Tubi, sonde, cateteri ne tracciano il contorno di un uomo oramai abbandonato al suo destino. “Non morite come me” è la frase che segna l’ultimo atto. Ai suoi funerali al castello di Stormont, sede del Parlamento nazionale dell’Irlanda del Nord, si riversarono migliaia di persone. Personalità celebri e gente comune, tutti a omaggiare il calciatori nordirlandese, il calciatore al quale tutto si perdona. dieci anni dalla morte, è stato svelato che non fu l’alcol a uccidere George Best, ma una overdose di farmaci immunosoppressori.