Letteratura irlandese

La letteratura irlandese vanta una ricca eredità nel panorama letterario mondiale con scrittori e poeti che con i capolavori hanno segnato epoche.

Di altissimo valore sono le testimonianze artistiche dell’Irlanda preistorica, dai dolmen alle splendide tombe a corridoio riccamente decorate che, insieme ad altri reperti archeologici, testimoniano le conquiste artistiche precedenti ai monili in metallo e oro, risalenti alla prima (2500-1200 aC) e alla seconda (1200-300 aC) età del Bronzo e, ancora, strumenti musicali e gioielli posteriori allo stanziamento dei celti e all’aprirsi dell’età del Ferro (300 aC-450 dC). Al contrario non esistono tracce nella letteratura della scrittura prima dell’arrivo del cristianesimo e, se non disponessimo di reperti archeologici, poco conosceremmo dei popoli che hanno abitato l’isola nella preistoria.

La letteratura comincia pertanto con l’arrivo del cristianesimo e la fondazione dei primi monasteri. Attorno al V secolo si diffuse in Irlanda ad opera dei monaci, la lingua scritta. Tra le prime opere di autori irlandesi, per lo più monaci che scrivevano in latino, un rilievo particolare merita la testimonianza del monaco Pelagio. Nato intorno al 360 aC, quasi sicuramente di origini irlandesi, egli scrisse a Roma il “Commento alle lettere di Paolo”, da cui ebbe origine l’eresia del pelagianesimo. Ma è al patrono d’Irlanda, San Patrizio, diffusore del cristianesimo nell’isola, che dobbiamo i primi documenti della letteratura. La sua Confessio, datata V secolo, narra, in un latino ancora rozzo, della sua prigionia in Irlanda; della fuga verso la natia Britannia; e del definitivo ritorno per compiere la sua missione.

Dai vichinghi ai normanni

L’attività culturale dei monasteri fu sconvolta nei secoli IX e X, dalle invasioni vichinghe. I monasteri furono spogliati di buona parte dei loro oggetti d’arte e non furono pochi i monaci e studiosi che fuggirono sul continente. Proprio in quest’epoca fu redatta la celebre Navigatio Sancti Brandanti. Essa è il resoconto dei leggendari viaggi del popolare santo vissuto nel VI secolo da cui prende il nome. In particolare l’opera narra della sua favolosa spedizione all’lsola dei Beati, inserendosi nella tradizione dell’Imram. Si tratta di un genere letterario imperniato su avventurosi viaggi per mare compiuti da eroi che avrebbe, probabilmente, influenzato Dante Alighieri.

L’arrivo dei normanni nel 1170 sconvolse nuovamente la vita della società. Tutto ciò costituì un nuovo stimolo per la letteratura. Sull’isola arrivarono le traduzioni dell’Iliade, dell’Odissea, dell’Eneide e del ciclo arturiano. La poesia gaelica si arricchì dei nuovi canoni della poesia amorosa provenzale. Numerosi porti si aprirono e imponenti fortezze in muratura, quali quelle di Trim e di Carrickfergus, furono costruite nel periodo normanno, durante il quale, tra l’altro, l’architettura dell’isola si arricchì delle influenze europee, come testimoniano le due cattedrali di Dublino del secolo XIII, St. Patrick’s e Christ Church, di chiara ispirazione inglese.

La Riforma

La riforma protestante, infine, assestò un duro colpo all’arte ed alla cultura dell’isola che gravitavano, come già detto, attorno ai centri monastici. Con la chiusura dei monasteri ad opera di Enrico VIII, infatti, e con l’arrivo dei nuovi coloni di religione protestante, i quali rifiutarono di mischiarsi con i nativi irlandesi, nuovi modelli artistici e culturali cambiarono in breve tempo il volto di Dublino. La vita culturale, si spostò dai monasteri e dalle corti dei nobili gaeli, verso la città. Caddero così in disgrazia i poeti, antichi custodi della tradizione, i quali accompagnati da musica per arpa avevano per secoli tramandato oralmente il patrimonio gaelico.

In un contesto tanto sfavorevole, ai massimi esponenti della cultura, non restò altra scelta che migrare verso la Francia cattolica. Un nuovo colpo per la letteratura. Tra questi Geoffrey Keating, autore della Storia d’Irlanda, il quale svolse con la sua opera un ruolo di salvaguardia e di valorizzazione degli antichi testi gaelici. Scoraggiata dalle autorità perché considerata potenziale veicolo di idee rivoluzionarie, la poesia gaelica mostrò ancora nel Settecento i suoi ultimi bagliori.

Il secolo aureo

Nell’epoca della società anglo-irlandese raggiunge il suo massimo splendore dando l’avvio alla grande letteratura in lingua inglese: tra gli intellettuali e gli artisti più significativi c’è Swift e I Viaggi di Gulliver (1726) e Modesta proposta (1729), e San Patrizio col suo «Decano Pazzo».

Quest’ultima è un’elegante satira che prende a bersaglio l’estremismo religioso, la corruzione politica e l’ingiustizia sociale. Molti tra gli scrittori di opere teatrali del XVIII secolo scelsero la satira come veicolo espressivo. Tra questi ricordiamo Williarn Congreve (1670-1729), maestro della commedia della Restaurazione, Oliver Goldsmith (1728-1774) e Richard Brinsley Sheridan (1751-1816).

La letteratura nell’Ottocento

Nell’Irlanda del XVIII secolo, il romanticismo riporta in auge la letteratura gaelica e la musica. Rappresentative di questo rinnovato interesse sono le Irish Melodies (1808-34), una raccolta di canzoni patriottiche e sentimentali in dieci volumi. L’opera è tratta dai massimi esponenti del movimento romantico, Thomas Moore (1779-1852). Autore tra l’altro di una biografia di Byron (1830), di cui era amico. Dopo l’unificazione dei parlamenti di Dublino e Westminster e la creazione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda con l’Atto di Unione nel 1801, Dublino perse prestigio a favore di Londra che divenne, tra l’altro, polo d’attrazione per non pochi artisti irlandesi i quali vi si trasferirono abbandonando la madre patria e portandosi dietro la letteratura.

Tra questi c’è Oscar Wilde (1854-1900), che ha regalato alla letteratura l’umorismo e l’arguzia dei cui scritti lo hanno consacrato tra i più brillanti, pungenti, controversi e scomodi scrittori irlandesi del XIX secolo. Divenne celebre con L’importanza di chiamarsi Ernesto, rappresentato nel 1895 a Londra, in cui dipinse con critica ironia la società di cui egli stesso ormai faceva parte. La sua onestà intellettuale e il suo libertinismo, l’immoralità dei suoi comportamenti privati e delle sue opinioni pubbliche gli attirarono addosso le critiche della società inglese che lo condannò per omosessualità a due anni di carcere duro. Dalla prigionia Wilde scrisse due delle sue opere più belle: La ballata del carcere di Reading (1898) e il cosiddetto De Profundis (1905).

Il Novecento

La Letteratura in Irlanda di fine secolo diede i natali ad un altro grande scrittore, James Joyce (1882-1941), giovane di intelletto vivace che ben presto prese le distanze da Yeats e dagli altri scrittori per il loro sostegno alla causa d’Irlanda, che egli considerava una volgarità del nazionalismo popolare. Egli, infatti, intrattenne con il suo paese natale – che lasciò nel 1902 per tornarvi solo per brevi periodi – un sentimento contrastato.

La freddezza con la quale egli, a sua volta, era ricambiato dai suoi compatrioti risulta evidente allorché gli editori della capitale gli rifiutarono la pubblicazione di Gente di Dublino (1914) a causa dell’immagine critica che si dava del mondo. Immagine che viene ancora fuori prepotentemente nel Ritratto dell’artista da giovane (1916), in cui Joyce narra del tentativo di Stephen Dedalus di sfuggire dall’abbraccio opprimente della religione, della famiglia e della nazionalità e in quella che è considerata l’opera più rappresentativa dell’autore: l’Ulisse (1922).

Con una tecnica narrativa assolutamente innovativa ed uno stile ricchissimo di particolari ed elementi simbolici, Joyce, figura eccellente della Letteratura, descrisse in quest’ultima opera, la giornata di un venditore ebreo di trentotto anni, senza ideali politici o sentimenti religiosi, né il tempo per immaginare un futuro diverso per il suo paese. Privato dei suoi sogni e plagiato dalla moglie, il venditore affronta un metaforico viaggio attraverso la quotidianità armato unicamente di una rassegnata pazienza. Con Joyce lavorò a Parigi negli anni Trenta Samuel Beckett (1906-1989), che ricevette il premio Nobel nel 1969.

La lingua gaelica

Il gaelico, Alfabeto irlandese, gaelico zone Gaeltacht

La letteratura in lingua gaelica è presente durante tutto il corso del ‘900. Con temi di ispirazione rurale o comunque legati ad ambiti regionali, dove spesso il gaelico resta la lingua madre comunemente parlata (Galway, le isole Aran), emergono le novelle di Pádraic Ó Conaire; i romanzi di T. Ó Criomhtháin; M. Ó Súileabháin; M. Ó Cadháin; Flann O’Brien; la produzione poetica di Patrick Pearse; S. Ó Ríordáin; M. Mhac an tSaoi; i testi teatrali di D. Hyde, Brendan Behan, E. Ó Tuairisc e S. Ó Tuama.

Neanche con l’arrivo del XXI secolo questa produzione letteraria conosce flessioni, anzi sembra trovare nuova linfa nelle molte traduzioni di testi antichi e nelle liriche di M. Hartnett, che alterna il gaelico all’inglese, ma soprattutto nelle opere della scrittrice Nuala Ní Dhomhnaill (The Water Horse: Poems in Irish, Ireland in the 20th century, The incredible hides in every house: A collection of short stories and poetry in aid of habitat for humanity), la cui fortuna valica i confini d’Irlanda grazie al fatto che alcuni suoi lavori in gaelico sono stati tradotti in inglese, francese, italiano, norvegese e giapponese.

Autori irlandesi

Scrittori irlandesi

L’Irlanda ha dato i natali al poeta Heaney, premiato anche lui con il Nobel nel 1995, e autori quali Edna O’Brien (La ragazza dagli occhi verdi, 1962), Seamus Deane (Le parole della notte, 1966), William Trevor (Il viaggio di Felicia, 1994), Roddy Doyle (The Commitments, Paddy Clarke Ah Ah Ah e Una stella di nome Henry), i quali hanno immortalato con i loro romanzi aspetti diversi di un’isola protagonista della scena letteraria della fine del XX secolo. Basta guardare un po’ più indietro per scorgere Joyce, Beckett, Bernard Shaw, il Yeats, giusto per citarne altri.

Scrittori irlandesi

Scrittori irlandesi

L'Irlanda terra di letteratura ricca di scrittori irlandesi attuali e secolari capaci di influenzare con la scrittura il mondo letterario.