Poche righe raccontano la figura carismatica di Bobby Sands, leader Hunger Strike: su un pezzo di carta igienica scriveva la sua vita nel carcere di Long Kesh.
«Quante volte mentre il tempo scorre lento, mi soffermo a guardare gli uccelli e seguo il fruscio dell’allodola cercando di individuarla in quella massa blu che è il cielo sopra Maze, immobile sopra di me, che rappresenta la pienezza dell’esistenza. Ed io, desidero fortemente la libertà dell’allodola».
Bobby Sands, che morì a 27 anni, ha scelto l’allodola, un piccolo volatile molto diffuso in Irlanda, per esprimere un desiderio di libertà. In seguito, l’uccello è divenuto il simbolo della lotta dei detenuti repubblicani irlandesi. Una protesta per ottenere il riconoscimento dello status di prigionieri politici. Purtroppo, la storia racconta una tremenda tragedia.
Siamo nel 1980 e sono giorni tristi per il paese. Le campagne dello sciopero della fame del 1980 e del 1981 hanno avuto la funzione di vero e proprio spartiacque nella storia del movimento repubblicano irlandese. Quegli episodi, conosciuti con il nome di hunger striking, erano così radicati nella cultura dell’epoca.
Bobby Sands diventa uomo simbolo
Dopo sessantasei giorni di sciopero della fame, l’allora commissario dell’IRA cessava la sua battaglia nei blocchi H. A soli 27 anni (5 maggio 1981), Bobby Sands divenne uomo simbolo della lotta contro il dominio britannico. Tale esempio di dedizione totale a una causa, ma soprattutto avere utilizzato il proprio corpo quale arma di pressione politica, hanno fatto si che la morte di Sands e degli altri hunger strikers polarizzassero l’attenzione non solo dell’intera società irlandese, ma di tutto il mondo.
Al contrario di quanto era accaduto precedentemente per tutti gli altri decessi e fatti di sangue relativi ai troubles. La battaglia in corso nel carcere britannico venne internazionalizzata, resa pubblica e seguita quotidianamente dai media mondiali. Nonostante l’ostracismo e i vari divieti imposti da Maggie Thatcher. Furono combattute delle vere e proprie guerre di disinformazione attuate dall’intero establishment di Sua Maestà.
Condizioni inumane in carcere
Al tempo più di 500 prigionieri repubblicani erano detenuti in condizioni più che inumane. Una situazione che il Cardinale Tomàs O’Fiaich, in visita nel carcere di Long Kesh, definì come l’esempio più somigliante alle migliaia di senzatetto che vivevano ammassati nelle fognature degli slums (ghetti, ndr) di Calcutta in India.
«Il fetore e la sporcizia delle celle, con rimasugli di cibo avariato e di escrementi spalmati sulle pareti, era qualcosa di indescrivibile», aggiunse il Cardinale durante una conferenza tenuta successivamente alla sua uscita dalle mura di Maze.
Le autorità si erano sempre rifiutate di ammettere che questi prigionieri fossero di un’altra categoria rispetto ai i delinquenti comuni (ordinary decent criminals). Nonostante tutto il resto, ossia la modalità dei loro arresti, dei loro interrogatori ed infine dei loro processi nelle Diplock Courts, corti senza giuria, abbia mostrato palesemente che lo fossero.
«Crime is crime is crime, it’s not political»: fondamentalmente il Governo britannico, supportato dal Dàil di Dublino, aveva al tempo intrapreso la politica della cosiddetta criminalisation dell’intero movimento repubblicano e della sua lotta d’indipendenza. Pertanto il 1 marzo del 1976 entrò in vigore il decreto governativo che sancì la fine del riconoscimento di status di prigioniero politico.
Sciopero della fame
Questo fu il punto di non ritorno in termini di contrasto con i prigionieri. Il primo detenuto repubblicano condannato dopo il 1 marzo, Kieran Nugent, rifiutò di indossare l’uniforme carceraria. Il resto è ormai storia. Il primo sciopero ha coinvolto non solo i prigionieri dei blocchi H, ma anche le donne detenute nel carcere femminile di Armagh. Esso ebbe inizio nell’ottobre del 1980 e terminò proprio a ridosso del Natale. Al tempo c’erano le basi per un accordo e fu fatto uno sforzo enorme in termini di concessioni da parte dei prigionieri in protesta per giungere a un compromesso.
Elementi e lobbies operanti all’interno del sistema britannico, definiti dai nazionalisti con disprezzo quali securocrats, videro la cessazione dello sciopero come un segno di debolezza da parte dei prigionieri e, erroneamente, cercarono di sfruttare ciò per stroncare definitivamente la lotta di liberazione repubblicana, mostrando, in tal modo, come del resto avevano fatto costantemente nel corso dell’intero conflitto, di non essere in realtà affatto interessati ad alcun tipo di accordo: una resa totale ed incondizionata.
La seconda campagna di sciopero iniziò il 1 marzo 1981. Bobby Sands, divenuto parlamentare, morì, come già detto, esattamente 2 mesi dopo. Lo seguirono Francis Hughes, dopo 59 giorni di digiuno; Patsy O’Hara, 61 giorni; Raymond McCreesh, 61 giorni; Joe McDonnell, 61 giorni; Martin Hurson, 46 gorni; Kevin Lynch, 71 giorni; Kieran Doherty, dopo 73 giorni; Tom McElwee, 62 giorni e Mickey Devine, 60 giorni.
Il governo britannico ritratta
Al termine dello sciopero il governo inglese si convinse ad accettare le richieste dei prigionieri. Le famose five demands. I prigionieri avevano vinto. Bobby Sands aveva vinto. Ma a quale prezzo? In ogni caso, la linea politica inglese e dei suoi securocrati aveva dimostrato ancora una volta scarsissima lungimiranza.
Questi scioperi della fame segnarono un turning point nella storia dell’isola di smeraldo, creando le condizioni per la incredibile ascesa elettorale del Sinn Fèin, passato da partito fuorilegge a primo partito nazionalista delle sei contee del nord.
Biografia dell’attivista Bobby Sands
Bobby Sands nacque nel 1954 a Belfast, città a maggioranza lealista. Aveva due sorelle ed un fratello ed era il maggiore dei quattro. Nel giugno nel 1972 la famiglia iniziò a subire forti intimidazioni. John e Rosaleen, i genitori di Bobby, furono costretti a prendere i figli ancora piccoli e a trasferirsi nel quartiere di Twinbrook. Un sobborgo di West Belfast. L’attivista e politico nordirlandese aderì all’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA) appena compiuti 18 anni.
Nell’ottobre del 1972, il giovane fu arrestato con l’imputazione di possesso di arma da fuoco e condannato. Trascorse tre anni nelle cages di Long Kesh, dove gli venne riconosciuto lo status di prigioniero politico. Rilasciato nel 1976, Bobby tornò ad abitare nella casa paterna di Twinbrook e continuò a militare nell’IRA. Non passarono neanche 6 mesi che fu arrestato di nuovo in seguito ad un attacco dinamitardo a Dunmurry, nella contea di Antrim. In quell’occasione, l’azione di violenza sfociò in una sparatoria nella quale vennero feriti due uomini.
La condanna arrivò nel settembre del 1977. Sands e altri tre volontari dell’IRA furono condannati a 14 anni ciascuno di reclusione, per possesso di un revolver, da scontare di nuovo a Long Kesh. A differenza del precedente arresto, stavolta senza status politico, in quanto abolito per tutti i crimini commessi dopo il 1 marzo 1976.
Bobby Sands e lo pseudonimo di Marcella
Sotto lo pseudonimo di “Marcella”, il nome di una delle sorelle, Bobby Sands contribuiva costantemente con i suoi articoli e racconti al giornale repubblicano An Phoblacht. Intanto le tensioni del conflitto ed i Troubles varcarono le mura e i cancelli del carcere: i Blocchi H e le celle del penitenziario femminile di Armagh divennero dei veri e propri campi di battaglia alla stregua delle strade di Belfast e Derry: da una parte i prigionieri di guerra, i POWs, e dall’altra i secondini, simbolo dell’establishment britannico.
L’allodola ben presto divenne officer commanding dell’IRA, nei Blocchi H, pertanto fu lui a dirigere, non partecipandovi, lo sciopero del 1980 ed ad offrirsi volontario per l’hunger strike nell’anno seguente. Fu così che Sands iniziò a rifiutare il cibo. Era il primo marzo 1981, il mese successivo ci fu l’elezioni. Con oltre 30 mila voti, Sands divenne parlamentare per la circoscrizione di Fermanagh e Souh Tyrone.
All’incirca verso l’una di notte del 5 maggio 1981, all’età di 27 anni, cessò la sua battaglia e morì nell’ospedale della prigione: aveva digiunato per ben 66 giorni e fu il primo fra gli hunger strikers detenuti negli H-Blocks ad auto-sacrificarsi, offrendo la propria vita alla causa repubblicana e portando in tal modo alla luce davanti agli occhi dell’opinione pubblica internazionale la cosiddetta dirty war che l’establishment britannico attuava nelle sei contee del nord ai danni della comunità nazionalista. Il politico nordirlandese lasciò moglie e figli, Gerard e Liam, il quale morì appena dopo una settimana dalla nascita senza che il padre riuscisse neanche a vederlo.